l'avvocato ucraino di Filippo si presenta in hotel accompagnato da un interprete ( che parla inglese in quanto non ha rintracciato nessun interprete che parli italiano) e si recano all’ufficio come da accordi.
Arrivati all’ufficio comunicano che loro non sapevano dell' arrivo - mentre l' avvocato insiste che li aveva avvisati - e che mancavano alcuni documenti che non erano stati preparati. Dopo una telefonata al consolato italiano, che ha provveduto a chiamare l’ufficio competente ucraino, tutta la documentazione viene “miracolosamente” ritrovata.
Si reciano dunque alla scuola di Roberto dove arriviano alle 13.00 ora italiana (14.00 ora ucraina). Filippo aveva già provveduto a spostare i biglietti di ritorno per il giorno dopo visto l’ora che si era fatta .
Una volta arrivati si rechiamo nell’ufficio della preside della scuola e viene comunicato al padre che devo aspettare ancora un’ora in quanto il bambino è ad un corso di musica ed , inoltre, mancavano delle altre persone che dovevano essere presenti per legge.
...nell'ora circa che ho atteso si presentano parecchie persone, tanto da vederci costretti a spostarci in un aula della scuola.scuola di Roberto
Qua mi vengono presentate alcune persone che sono presenti, tra le quali uno psicologo, una direttrice di un orfanatrofio, dei politici locali (così li ha identificati il mio avvocato quando ho chiesto chi sono e quale veste hanno), l'insegnate di Roberto e altre persone che non conosco. In tutto erano circa una quindicina di persone, compreso il mio avvocato, i due ufficiali responsabili e il loro capo.
Mi fanno attendere ancora per parecchio tempo circa un'ora durante la quale vengo subissato di domante come se si trattasse di un interrogatorio da parte delle persone presenti.
Dopo appunto un'ora arriva mia moglie con il bambino in braccio, accompagnata da sua madre, la sua amica Ilona e da altre persone che si siedono all'altro capo dell'aula.
Chiedo se posso parlare in privato con mia moglie e lei acconsente. Ci spostiamo quindi nell'ufficio della preside. Roberto rimane sempre in braccio alla madre. Le chiedo se può lasciarlo alla nonna (sua madre) mentre io e lei parliamo da soli ma lei rifiuta.
In ufficio lei si mette subito a piangere (sempre tenendo Roberto in braccio) io abbraccio lei e Roberto. Le ripeto che non voglio togliere il bambino ma solo stare anche io con lui e vederlo crescere. Che possiamo trovare una soluzione, che magari adesso Roberto può venire con me in Italia fino a Natale e poi tornare da lei e che lei se vuole può accompagnarlo. Le chiedo di aiutarmi, di parlare con Roberto che non sia traumatico per lui e che comunque appena rientrato in Italia avrei fermato la causa per la sottrazione del minore. Lei mi continua a ripete che io le voglio male.
Le chiedo come e dove hanno vissuto negli ultimi due anni e lei si rifiuta di dirmelo dicendo che comunque anche se Roberto non è andato a scuola lei gli ha insegnato a leggere e scrivere e che il bambino è stato sempre bene.
Torniamo allora in aula dove ci sono anche le altre persone che ricominciano a interrogarmi.
Dopo un'ora che rispondevo a tutte le loro domande dico che non siamo lì per fare un altro processo, visto che ne abbiamo già passati tanti, e che nessuno si preoccupa o si è preoccupato di come viveva il minore per due anni, che non andava a scuola e non frequentava nessuno perché viveva da latitante.
Gli ufficiali Ucraini a quel punto dicono che è arrivato il momento di far eseguire la sentenza emessa il 30 luglio 2009.
Mi fanno firmare delle carte che certificano che il minore è stato trovato, quindi mi dicono "Che loro hanno trovato il minore ed io devo prenderlo perché loro non hanno la facoltà di consegnarlo"
Io protesto dicendo che non è possibile che devo prendere il bambino dalle braccia della madre, che è una cosa bestiale; loro insistono dicendo che devo farlo e farlo adesso perché la legge ucraina vuole così, quindi devo farlo e prenderlo dalle braccia della madre.
Protesto ancora ma mi impongono di farlo, quindi mi alzo e mi reco da mia moglie e prendo il bambino.
Lei non lo lascia e Roberto si mette a piangere, io faccio per lasciarlo e dico che non è possibile così ma loro insistono che devo fare in questo modo. Chiedo ad Anna di aiutarmi e darmi Roberto come vogliono le autorità ma lei si rifiuta. Quindi prendo il bambino e, lasciando la valigia per terra ( ero disposto al lasciare la valigia in Ucraina) mi avvio verso la porta.
A quel punto mi sento aggredire dai parenti di mia moglie alle spalle, con spinte, strappi e sberle e pugni sulla schiena e sul capo e qualche graffio.
La scena si protrae fino al corridoio della scuola, dove trovo il padre di Anna che mi si mette davanti e mi impedisce di andare da qualunque parte e mi spintona.
A quel punto lascio Roberto, ma mi informano che devo prenderlo per forza.
Chiedo che venga chiamata la polizia, mi informano che la polizia è stata chiamata ma che anche loro (la polizia) non possono fare niente. Comunque la polizia non si è mai presentata. Tutte le persone presenti si mettono a piangere, compreso il mio avvocato che mi guarda e mi dice "scusa Filippo ma è il mio cuore di mamma".
Durante la colluttazione sento dire in italiano "Se mi porti via il bambino ti ammazzo" ed altre voci in ucraino che, pur non capendo, sembravano minacciose.
Anna dice che Roberto deve andare in bagno ed io, preoccupato che nella confusione sparisca nuovamente, li accompagno, aspettando fuori dalla porta dei bagni, malgrado le proteste di Anna e di sua madre.
Quando torniamo la situazione è ancora movimentata, mi ripetono che devo prendere il minore dalle braccia della madre.
Propongo che Roberto venga con me in Italia almeno fino a Natale, (non mi preoccupavo per la scuola in quanto mi avevano già informato che in Ucraina anche se Roberto ha perso 2 anni di scuola poteva benissimo andare in 3° classe facendo un esame che avrebbe passato sicuramente) e se poi il bambino voleva tornare in Italia lo avrei accompagnato in Ucraina.
A quel punto si è calmata completamente la situazione e subito Anna ha detto "mettilo per iscritto".
Io ho detto che lo prometto anche perché non voglio che Roberto stia male con me e soffra, ma a quel punto è iniziata tutta la confusione nuovamente.
Mi hanno detto di prendere ancora Roberto altrimenti non potevo prenderlo perché la procedura dell'Ucraina prevede questo e che nessuno mi può aiutare.
A quel punto mettiamo per iscritto tutto l'accordo: mi fanno quindi
scrivere un accordo in italiano che firmiamo sia io che Anna , e che gli ufficiali Ucraini confermano. Di questo accordo vengono fatte le copie che vengono consegnate ad ogni persona interessata.
Nell'accordo Anna si impegnava a portare Roberto il giorno seguente al mio hotel alle ore 11.00